Aspetti depressivi in adolescenza: le conseguenze psicologiche della pandemia

L’adolescenza è un periodo particolare della vita dell’individuo, è un momento di passaggio, caratterizzato, tra le altre cose, da frequenti variazioni di umore: i ragazzi passano rapidamente dal sentirsi arrabbiati al sentirsi tristi, o felici, spaventati, o annoiati. Nella fase dell’adolescenza avvengono dei cambiamenti fisiologici anche nel cervello: in particolare aumenta la produzione di dopamina, che è la sostanza emessa dai nostri circuiti cerebrali quando facciamo esperienze gratificanti. Si è visto che il cervello degli adolescenti ne produce molta di più di quello degli adulti: questo aumenta l’intensità delle esperienze di piacere che i ragazzi vivono, ma alimenta anche il senso di “vuoto” e di apparente noia insostenibile che provano tra un’esperienza gratificante e l’altra. Inoltre, le funzioni riflessive e metacognitive che si sviluppano e si amplificano proprio in adolescenza, mettono i giovani in contatto con una maggiore capacità di sentire il proprio mondo interno e sperimentare una più vasta gamma di emozioni. Perciò spesso gli adolescenti entrano per la prima volta in contatto con quelli che si possono definire aspetti depressivi, come tristezza, perdita di entusiasmo, demotivazione, difficoltà di concentrazione, sensazione di non valere nulla, noia, mancanza di interessi. Tutto ciò non deve preoccuparci se si alterna frequentemente a momenti di benessere, vitalità, dinamismo e buone relazioni con i coetanei, perché fa parte della normale altalena emotiva adolescenziale. Se, al contrario, gli aspetti depressivi occupano per lunghi periodi tutto lo spazio di vita del ragazzo, e si associano a vissuti importanti di rabbia e irritabilità, oppure a sintomi fisici come mal di testa, o mal di stomaco che non trovano riscontri su un piano medico, allora è bene chiedere il parere di un esperto.

La pandemia del Covid-19 ha sicuramente complicato le normali dinamiche conflittuali dell’adolescenza e amplificato il disagio dei giovani. Uno studio realizzato dall’Università di Copenaghen analizzando i risultati di sette ricerche su oltre 200mila persone in Danimarca, Francia, Paesi Basse e Gran Bretagna e da poco pubblicato su “The Lancet Regional Health Europe” ha messo in evidenza come siano stati proprio i più giovani ad essere maggiormente colpiti da sintomi ansiosi, depressivi e da un profondo senso di solitudine a seguito del lockdown. Bambini e adolescenti, dopo essere stati i più resilienti nella prima fase del lockdown della primavera 2020, sono stati in seguito i più colpiti a livello psicologico. 

È fondamentale che i genitori comprendano la portata davvero traumatica di quanto abbiamo vissuto come collettività e quanto questo periodo abbia pesato sui propri figli, chiedendo quando necessario, l’aiuto di un professionista. La psicoterapia può e aiutare i ragazzi a parlare delle loro emozioni ed esprime il proprio disagio e guidarli nella scoperta delle risorse per far fronte alle conseguenze psicologiche della pandemia. L’aiuto diventa particolarmente importante per scongiurare il rischio di cronicizzazione della depressione e per evitare l’insorgenza di pensieri suicidari, rischio che in questa fase della vita non va mai sottovalutato, se, come indicano le statistiche nazionali, nel nostro Paese circa 500 ragazzi ogni anno muoiono per questo fenomeno.